La crisi di mezza età della finanza sostenibile: cosa viene dopo il boom

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Mentre l’Europa meridionale affronta ondate di calore senza precedenti, i rischi climatici non sono più scenari teorici ma realtà tangibili. Dalle vigne bruciate in Francia ai bacini idrici prosciugati in Spagna, l’urgenza ambientale che ha alimentato il boom degli investimenti ESG e sostenibili è oggi davanti agli occhi di tutti. Eppure, proprio quando il bisogno di finanza sostenibile è più pressante, il settore attraversa una fase di crescente ambiguità e fatica narrativa.

Negli ultimi 18 mesi, l’investimento ESG ha subito critiche su performance, trasparenza e – soprattutto – una politicizzazione crescente. Tuttavia, la traiettoria di lungo periodo resta invariata. La domanda è: come evolverà il mercato in un contesto dove visibilità non equivale più a credibilità?

Un mondo normativo diviso

Le divergenze normative tra Stati Uniti ed Europa si stanno accentuando. Negli USA, la retorica anti-ESG è tornata a dominare la scena pubblica e la decisione di uscire – per la seconda volta – dall’Accordo di Parigi è rilevante sia simbolicamente sia concretamente.

In Europa, invece, si assiste a un parziale ripensamento con il Pacchetto Omnibus, che propone di ridurre gli obblighi di rendicontazione previsti dalla CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive). Un cambiamento che rischia di aumentare la frammentazione dei dati e compromettere la comparabilità tra gli investimenti.

Tuttavia, le regole sui singoli prodotti continuano ad evolversi. Le nuove linee guida ESMA, in vigore dal 21 maggio 2025, impongono requisiti rigorosi per i fondi che utilizzano termini legati a ESG e sostenibilità nei loro nomi: almeno l’80% degli asset deve promuovere caratteristiche ESG, con soglie ancora più stringenti per chi include riferimenti alla sostenibilità.

Dal greenwashing al greenhushing

Con la crescente complessità normativa e l’aumento del rischio reputazionale, sempre più gestori preferiscono mantenere un basso profilo. È il fenomeno del greenhushing: l’occultamento volontario delle proprie pratiche sostenibili per evitare controlli e critiche. Un cambio di paradigma che riflette le difficoltà delle società globali nel destreggiarsi tra normative disallineate, soprattutto tra Europa, Regno Unito e Stati Uniti.

Percorsi divergenti ma complementari tra Regno Unito ed Europa

Nel Regno Unito, il nuovo regime SDR (Sustainability Disclosure Requirements) è stato accolto positivamente per la sua chiarezza e attenzione agli investitori. Le etichette come “Sustainability Focus” o “Sustainability Improvers” sono più funzionali delle classificazioni SFDR europee (Articoli 6/8/9).

Proprio per questo, la Piattaforma sulla finanza sostenibile dell’UE ha proposto una nuova classificazione che ricalca la logica britannica, suddividendo i fondi in tre categorie: “Sustainable”, “Transition” e “ESG Collection”. Un tentativo di armonizzazione atteso dagli operatori per facilitare l’analisi comparativa e contrastare il greenwashing. I nomi dei fondi, infatti, paiono influenzare molto le decisioni degli investitori, specialmente retail.

Obbligazioni GSS: un mercato che si reinventa

Nonostante il contesto complesso in ambito ESG, si prevede che nel 2025 il mercato delle obbligazioni Green, Social e Sustainability-linked (GSS) superi nuovamente i 1.000 miliardi di dollari. Tra i trend chiave: il rifinanziamento del debito in scadenza, la fase di passaggio per i SLB (Sustainability-Linked Bond) e l’entrata in vigore degli Standard dell’Unione Europea per le obbligazioni verdi.

Le nuove regole ESMA sui nomi dei fondi si applicano anche ai GSS bond, che dovranno rispettare i criteri dei benchmark allineati all’Accordo di Parigi. Una scelta che, se da un lato riduce l’universo investibile, dall’altro ha però alzato gli standard.

Il futuro? Ricalibrare

Se il 2024 è stato l’anno della gestione delle criticità, il 2025 sarà l’anno del riassetto. Le normative si stanno stabilizzando, la pressione degli investitori aumenta e il contesto politico resta instabile.

Ma i driver strutturali – cambiamento climatico, perdita di biodiversità, disuguaglianze sociali – restano come sempre urgenti. E in un mondo dove il silenzio può essere fuorviante quanto l’esagerazione, la finanza sostenibile dovrà imparare a parlare con chiarezza, rigore e impatto.